| Ringrazio Bill e Tom Kaulitz per la costante ispirazione che mi forniscono. Sottolineo che i gemellini non mi appartengono -purtroppo- e non ho scritto questa fan fiction per scopi di lucro -come potrei cercare di trarre denaro a discapito dei miei idoli?-. Non sono incestuosi -non hanno cioè rapporti sessuali fra loro nè una qualsivoglia storia d'amore- e le azioni che compiono in questa storia sono esclusivamente il frutto della mia mente malata e vagamente pervertita.
E' la prima twincest che ho scritto per cui siate clementi. Se non gradite il genere vi basta chiudere la pagina web con quella simpatica X rossa in alto a destra xDxD -anche se penso che il genere lo gradiate, altrimenti che caspio ci fate in questo forum? xD-.
Detto ciò vi auguro una piacevole lettura xD
[ La lunghezza di questa fan fiction è di 59 pagine di word -uomo avvisato, mezzo salvato-. Siete ancora in tempo per scappare xD ]
-Prima parte-
“..you lost yourself in your pain.”
Tokio Hotel – Don’t Jump
Gli è sempre piaciuto andare in vacanza. Staccare la spina, ritrovare se stesso. Lasciare per un po’ tutti gli impegni e andare allo sbando. Si, andare allo sbando.
Si ritrova a scoprire di non essere il ragazzo pacato e con la testa sulle spalle che tutti pensano, specie suo fratello Tom.
Afferra la generosa bottiglia di whisky sul comodino. E’ così bello perdersi nell’alcool la mattina presto.
-Bill, che diavolo stai facendo..?
Tom si è svegliato. Ha ancora gli occhi assonnati e quell’ aria stordita di chi ha dormito troppo poco.
-Mi ubriaco. Non si vede?
-Smettila di fare il cretino. - sbottò Tom cercando l’infida bottiglia con la mano.
-Lascia stare il mio whisky cazzo!
-Bill, straparli. Dammi quella maledetta bottiglia.
-Non se ne parla. Sono ubriaco, non scemo. Vuoi la mia bottiglia solo perché vuoi finirtela tu. Di me non te ne importa.
-Ma che cazzo-
Tom piombò addosso al fratello, stufo di quella insulsa parodia pseudo-comica. Gli tolse la bottiglia di mano e, vedendo che si ribellava come una preda morente, cercò di bloccarlo per i polsi al letto. Si ritrovarono distesi uno sopra all’altro, Bill con gli occhi arrossati come se fosse sul punto di piangere. Tom si alzò lasciando il fratello ansimante.
-Ti odio.
Le due parole uscirono dalla bocca di Bill come un sussurro, senza energia, senza colore. Non riusciva più ad alzarsi da quel letto. Si sentiva distrutto. Vedeva anche appannato, dannazione.
A Tom vedere suo fratello in quello stato dava una strana sensazione. Preoccupazione. Tristezza sconfinata. Senso di colpa. Attrazione.
Non prestò attenzione al ti odio del fratello. Forse perché era così sicuro di se stesso da non averne paura. O forse credeva che di lì a poco lui e Bill si sarebbero comunque abbracciati.
No. Era solo troppo impegnato a tenere a bada quello strano istinto. Diede un sorso al whisky.
-Avevo ragione.
E anche questa volta fu un sussurro. Bill si mise a sedere. Era sconvolto. Suo fratello non aveva reagito al suo ti odio. Era così frustrante.
-Mi odi davvero o l’hai detto solo per farmi stare male? – proruppe Tom, riemergendo da un secondo lungo sorso. – Perché se è vero-
Prese ad avvicinarsi al fratello, che non trovava alcuna risposta. Teneva gli occhi sgranati, un po’ per riuscire a vedere meglio, un po’ perché non si aspettava quella domanda.
Appoggiò la bottiglia al comodino e si sedette accanto a Bill. Lui non si scostò. Rimase inerte.
-C’è niente che io possa fare per non vederti così?
-Così come, Tom?
-Così depresso.
Si abbracciarono. Ma Bill rimase freddo, rigido. Rimase morto.
Tom appoggiò le labbra umide sul collo del fratello, che a quel caldo contatto ebbe un brivido infinito lungo la schiena. Era come se il suo corpo riacquistasse il calore disperso con quelle lacrime che non aveva mai pianto. Strinse più forte il fratello. Non voleva più staccarsene.
L’accenno di un sorriso apparve sul viso di Tom sentendo che il gemello riprendeva vita. E non avrebbe più voluto lasciarlo, perdere quella magia, quell’intesa. Perdere il suo profumo addosso a lui.
**
-Tom, cosa stiamo facendo?
-Scusa.
Si allontana da Bill, imbarazzato. Sistema la cuffia sotto al cappellino cercando di non far trasparire il suo disagio.
Bill tiene lo sguardo fisso sul pavimento. Avrebbe voluto stare fra le braccia del fratello ancora un po’, ma all’improvviso si era sentito così stupido.
-Non devi scusarti, Tom…
-E invece devo.
-No. Perché non mi davi fastidio.
Bill alza lo sguardo, che si ferma dolcemente su Tom. Gli sorride pur avendo ancora gli occhi lucidi per il troppo alcool e per le lacrime trattenute a forza, ricacciate dentro con un dolore lacerante.
Perché Bill è così. E’ come se niente e nessuno riuscisse a strappargli quel sorriso. Anche se sta male sorride.
E Tom adora il suo sorriso. E’ sempre così sereno, naturale. Perfetto. Quando sorride gli si vedono quelle fossette così tenere.
Sfiora il viso di Bill con mano leggera, quasi avesse paura di rovinarlo. E Bill socchiude gli occhi cercando di non perdere il contatto con la mano di Tom. Si sente così bene. Poi il contatto finisce.
-Devo andare ora. – sussurra Tom, alzandosi dal letto.
-Dove vai?
-E’ una bella giornata e siamo alle Maldive. Secondo te dove vado?
Tom ha quello sguardo malizioso e ammiccante che è così tipico di lui. Sembra aver ritrovato del tutto il buon umore.
Bill alza gli occhi al soffitto fingendo di pensarci. E Tom gli tira addosso un cuscino centrandolo in pieno petto.
-Quanto sei cretino!
E scoppiano entrambi a ridere come due bambini.
-Dai vai! L’oceano ti aspetta!
-Dici che ci sono le sirene nell’oceano? – e ridacchia.
-Tom non cambierai mai! Sei proprio un cretino!
E rimane solo un’altra volta. Un’altra cazzo di volta. Sente una confusione di rabbia e tristezza nascergli dentro, silenziosa. Invade il suo corpo come il peggiore dei veleni.
Si alza di malavoglia dal letto. Prima c’era anche Tom. Ma ora è solo.
Guarda fuori dalla grande finestra di quella camera d’albergo che gli sembra troppo piccola e soffocante, quasi invivibile. Vede l’oceano trasparente, le voluttuose nubi candide come la panna e anche della stessa consistenza, le migliaia di palme. La sabbia finissima.
Ed eccolo. Vede suo fratello correre per poi tuffarsi in quel calmo azzurro sconfinato.
Devo essere un pazzo. Penso più a mio fratello che a me stesso.
Ma anche Tom, perso in quelle acqua piacevolmente calde, aveva la mente altrove. Non riusciva a spiegarsi quella così poco naturale attrazione che il suo gemello esercitava su di lui. E questo lo innervosiva. Perché se fosse stato per lui non si sarebbe certo fermato ad un ingenuo bacio sul collo.
Si stende nuovamente a letto, con lo stesso pensiero fisso. Tom. Gli basta voltare di poco il capo per vedere che la bottiglia di whisky è ancora lì. Tom non l’aveva finita. L’afferra senza esitazioni e la porta alla bocca. E insieme al piacevole calore dell’alcool percepisce anche il sapore delle labbra di Tom, che si erano poggiate lì poco prima. Si chiede come faccia a sapere che quello è davvero il sapore delle labbra di Tom. Lui non le ha mai assaggiate quelle labbra. Solo il pensiero di volerle assaggiare lo sconvolge. Lo distrugge. E’ infinitamente sbagliato anche solo pensarlo.
E allora perché prima Tom mi ha baciato il collo? Tanto vale finirlo questo maledetto whisky. Magari poi mi sento male e vengo punito per tutto ciò che di sbagliato vive nella mia testa. Cioè pressappoco tutto quanto.
Ed è proprio a bottiglia quasi finita, quando già Bill non sapeva più nemmeno dove si trovava, che la porta della camera si spalanca di scatto. Ne entra Tom. Agitato. Irrequieto. Bagnato fradicio.
Non si sofferma un secondo per cercare di capire come stia Bill. Gli si avvicina velocemente e gli porge una mano.
-Alzati Bill.
-Mh?
-Alzati! Adesso!
-Tom. Mi gira la testa.
Si sforza comunque di alzarsi, guidato da Tom che lo tirava per un braccio.
Si trovarono uno di fronte all’altro, Bill traballante, Tom rosso in faccia.
-Bill sto diventando pazzo. Non so di preciso cosa mi succeda. Mi attrai. Mi sento così vulnerabile. E non voglio. Non posso. Non so se riesci a capire. E-
-Tom maledizione chiudi quella bocca.
-Bill io devo dimostrare a me stesso che sono un idiota. Che tutto quello che sento è solo una cosa momentanea.
Bill non rispose. Tutte le sue forze erano impegnate per cercare di rimanere in piedi. E non gliene rimanevano altre per parlare.
-Posso baciarti?
A quelle parole Bill parve svegliarsi. La testa girava più di prima.
-Ma dico, sei pazzo? Stai scherzando.
-No sono serio. Bill. Ti prego. Questo bacio farà schifo e finalmente sarò libero da questa attrazione.
Silenzio.
-Bill?
Silenzio.
Tom afferra il fratello per le braccia e se lo porta vicino. Appoggia d’impeto le sue labbra fresche d’oceano su quelle calde di alcool di Bill. Si accorge che Bill è ubriaco. Ma non si ferma. Non sente sensazioni negative. Non sente quel disgusto che si aspettava. Porta entrambe le mani al viso di Bill, appoggiandole sulle sue guancia bollenti. Di nuovo sente il suo profumo. Si sente come drogato da quel profumo che si sprigiona naturalmente dalla pelle di Bill, come una delicata vaniglia.
Poi si stacca dal suo gemello, che socchiude gli occhi e si trascina pesantemente verso il letto, buttandocisi sopra. Si addormenta di botto.
Lui rimane lì, immobile, in piedi al centro della stanza. Solo con i suoi pensieri. Con le sue sensazioni. Con quel suo amore appena sbocciato per Bill. Con quell’amore che aveva provato per lui per quasi diciotto anni e che alla fine si era trasformato senza il suo consenso.
**
Acqua calda. Vapore. Profumo di docciaschiuma. Tom sotto la doccia e il continuo rumore dell’acqua che scivola allegra sulla sua pelle salata di oceano.
Un mugolio. Un sonno disturbato. Un raggio di sole dritto sul viso di Bill, ancora addormentato.
Un insistente bussare alla porta.
Maledizione. Sempre quando sono sotto la doccia.
-Chi è? – urla Tom dal bagno, già rammaricandosi per avere potenzialmente disturbato suo fratello.
-Servizio in camera.
Maledizione.
-Arrivo. Solo un secondo.
Esce veloce dalla doccia, si asciuga velocemente e indossa i pantaloncini. Quelli neri che piacciono a Bill. Corre alla porta. Torso nudo. Apre senza troppi problemi. E’ una bella ragazza bionda.
-Buongiorno! La colazione.
-Grazie. La appoggi pure a quel tavolo.
La ragazza fa come le è stato detto, e nel momento in cui da le spalle a Tom sorride. – Sei andato a fare un bagno? -
-Oh si! L’acqua è davvero stupenda. Non puoi capire quanto era calda e poi-
-Zitto!
La ragazza gli salta addosso spingendolo contro una parete e comincia a baciarlo con passione senza nemmeno farlo respirare. Lo spinge al muro con violenza e cerca di insinuare la lingua dentro la sua bocca. Lui la accetta, preso da tutto quel trasporto.
Mugolio.
Ora è Tom che tiene imprigionata la ragazza fra le sue braccia e la parete.
Aroma di caffè.
E quel bacio non vuole ancora trovare fine. La ragazza piega lentamente le ginocchia. Tom la segue, abbassandosi a suo volta sempre più verso il pavimento.
Fruscio di lenzuola.
Tom è ormai seduto a terra, le gambe distese in avanti con le ginocchia piegate, le braccia indietro, le mani appoggiate a quella fredda superficie testimone di un’improvvisa passione.
Profumo di croissant.
La ragazza è protesa in avanti verso il viso di Tom, verso la sue labbra ormai rosse e calde.
-Tom?
Bill? Si è già svegliato.
Tom si rialza di scatto – Meglio che tu vada. – rivolto alla ragazza.
-Stronzo – sbruffa lei, uscendo dalla camera a passo scocciato con il carrello.
Il ragazzo cammina verso il letto del gemello, dimentico di ritrovarsi malamente a torso nudo.
Bill si stropiccia gli occhi dolenti. Sente la testa pesante. Insostenibile.
-Sei già sveglio. – comincia Tom.
-Dio che è successo? Mi sembra di essere stato investito da un camion.
-Eri ubriaco. – Sorride cercando di addolcire l’atmosfera. – Ho ordinato la colazione. Ti va qualcosa?
-Sento che sto per vomitare.
-Bene, lo prendo per un no.
Prende un croissant dal vassoio e lo addenta, distratto. – Ma senti… – Da un sorso alla spremuta – Non ricordi nulla?
Non ricordo nulla…
-Cosa dovrei ricordare?
-Nulla. Era per dire…
-Credo di dover vomitare seriamente ora.
-Ti serve una mano?
-No grazie. – e corre via verso il bagno, chiudendo rapidissimo la porta.
Lo sente tossire.
Lo sente soffrire.
Per un attimo dubita del fatto che Bill si sia dimenticato il bacio.
Era ubriaco. E’ normale che se lo sia dimenticato.
Bill è ancora piegato in due sul lavandino. Fa andare l’acqua ed alza il capo fino a scorgere i suoi occhi riflessi allo specchio. Senza trucco. Senza inganno. Gonfi. Stanchi. E quella brutta sensazione allo stomaco.
Troppo alcool…
Si sciacqua il viso con l’acqua fredda.
…o troppi dubbi?
-Bill tutto ok? – gli urla Tom dalla camera.
In quel momento Bill esce dal bagno, un po’ più cosciente di essere al mondo rispetto a prima. – Si. Tutto bene. – e fa anche un sorriso.
Tom gli fa un sorriso di rimando. E’ sdraiato sul suo letto e scrive concitatamente qualcosa al cellulare.
-A chi scrivi?
-A Georg. Dice che è invidiosissimo e che vorrebbe essere qui anche lui. E che gli manchiamo.
-E mi chiedo come possiamo noi due mancare a qualcuno? – ridacchia.
-Bill noi facciamo tendenza. E siamo simpatici, bravi e belli. – sorride maliziosamente.
-Bello io? Non prendere per il culo.
-Tu non sei bello. Sei affascinante.
Perché cazzo l’ho detto?, pensa Tom.
Silenzio.
-Anche tu non sei male.
In realtà non c’è niente in te che non vada bene.
-Cosa ti prende?
Guardo Tom perplesso.
-Avevi un’espressione stanca.
-Sono stanco.
-Ma era un’espressione diversa. Una stanchezza diversa. – insiste Tom.
-Non è vero. Sto benissimo. Ti preoccupi sempre troppo.
-Si. Perché tu stai sempre male, Bill…
-Così mi fai sentire una merda.
-Non era mia intenzione.
-Ma l’hai fatto.
Silenzio.
-Tom?
-Dimmi.
-Mi abbracci?
-Certo. Vieni qui.
Bill si sdraia a fianco al gemello, che lo prende delicatamente fra le sue braccia. Chiude gli occhi, le palpebre tremano silenziosamente. Ma non abbastanza.
-Bill mi dici cos’hai?
-Non ho niente. Tu non lasciarmi.
Tom lo stringe di più a sé. Con una mano gli accarezza i morbidi capelli neri scompigliati. Non può fare a meno di sorridere alla vista di quel viso così perfetto. Così uguale al suo.
Pur tenendo gli occhi chiusi, Bill percepisce il sorriso di Tom. E nonostante tutto, è il suo cuore ora a sorridere.
**
Bill osserva attentamente il viso di suo fratello. Occhi chiusi, palpebre rilassate, labbra socchiuse. Il suo respiro è regolare, leggero. Si è addormentato. Ed ha uno sguardo così dolce.
Appoggia la sua fronte contro quella di Tom, chiude gli occhi e gli da un bacino impercettibile sulla punta del naso. Lui mugola, si muove un poco e poi torna tranquillo. E anche Bill si addormenta.
Sole in faccia. Maledetto sole in faccia.
Apre gli occhi. Tom dorme ancora.
Come fa a dormire così tanto?
Ma adesso Tom non sta avendo un sonno tranquillo. Lo si capisce dal respiro affannoso e dal tremito delle sue palpebre.
Bill appoggia le labbra su quelle del fratello.
Calde.
Si libera dall’abbraccio di Tom e si alza silenziosamente, cercando di non svegliarlo. Ma lui subito apre gli occhi.
-Dove vai? – mugola.
-A prendere un fazzoletto bagnato per la tua fronte. Scotti.
-Ah. Torna presto però.
Bill prende un fazzoletto che trova per caso nella sua valigia. Va al lavandino e lo bagna con cura. Poi torna in fretta dal fratello.
-Hai fatto presto. – e sorride.
Bill gli appoggia il fazzoletto sulla fronte e lui sembra fare le fusa per il piacere. Afferra lievemente il polso del fratello, conducendogli la mano sul suo viso. E’ fresca. Socchiude gli occhi, continuando a passarsi la mano del fratello prima sulle guancia, poi sopra agli occhi, fino alle labbra. E ne approfitta per dare un bacio a quella mano così morbida.
-E dai Tom!
-Che c’è? – e ridacchia.
Guarda il gemello con un sorrisetto, poi diventa improvvisamente serio e continua a fissare Bill, che non riesce a reggere lo sguardo e guarda per terra.
Tom gli alza il viso con un dito sotto il mento, costringendolo a guardarlo negli occhi.
Bill distoglie lo sguardo un’altra volta.
-Tom se non la smetti giuro che-
Silenzio.
Parole interrotte. Occhi chiusi. Labbra che si toccano e si lasciano. Lacrime né di gioia né di tristezza. Frasi a metà fra un respiro e un bacio.
-Tom scotti, smettila.
Parole inutili.
-Dai Tom…
Lo sente. Ma non lo ascolta. Vorrebbe lasciarlo andare, ma non ci riesce. E allora continua a baciarlo. Però non vuole ferirlo. Eppure continua.
-Tom! E che cazzo!
Bill dà uno schiaffo al fratello con tutta la sua forza.
-Sei un deficiente! Sei pazzo!
E Tom resta zitto. Si limita a massaggiarsi la guancia, che si sta arrossando.
Bill va rapido verso la porta e la spalanca con rabbia – E prova a chiedermi scusa adesso…
Se n’è andato.
Tom rimane solo. Solo con le sue lacrime, con quel bruciore sul viso e dentro al petto. Solo con la sua febbre alta.
Va bene non riuscire a trattenersi, ma quando mi ha detto di smetterla avrei dovuto fermarmi.
Si tocca la fronte. La testa gli scoppia, rimbomba. E’ troppo pesante. Decide allora di appoggiarla stancamente al cuscino.
Sono un bambino. Non riesco nemmeno a controllare il mio corpo.
Bill cammina rapido per i corridoi, lontano da quella stanza. Lontano da lui. E’ infuriato, non tanto per il gesto, ma per il fatto che Tom non lo abbia ascoltato.
Fin dove si sarebbe spinto se non l’avessi fermato? Dio…
Esce dall’hotel e si siede ad un tavolo sotto i portici di bamboo sulla spiaggia.
-Porto qualcosa da bere? – chiede lo stupido cameriere di turno.
-No, grazie. Piuttosto mi chiedevo…potresti servirmelo qui il pranzo?
-Certo! Come no! Cosa ti porto?
-Per ora niente.
-Aspetti tuo fratello?
-No.
L’una. Le due. Le tre.
Perché quel demente non viene a mangiare? Ma che importa. Non è più affar mio., pensa Bill.
Sono ormai tre lunghe ore che non fa altro che pensare. E una cosa che non sopporta è quando qualcuno interrompe il filo dei suoi pensieri. In particolare il secondo stupido cameriere di turno che si sta avvicinando.
Dio. Se mi chiede cosa voglio per pranzo lo uccido…
Lo guarda con sguardo omicida.
-Ehm… - esordisce il cameriere.
-Cosa?
-Abbiamo ricevuto una chiamata da suo fratello.
-E allora?
-Ha chiesto se può raggiungerlo in camera…
-No, non posso.
-Non si sente bene. Abbiamo anche mandato su un dottore.
Silenzio.
Perplessità. Incredulità. Una punta anche di scetticismo.
-Dov’è Bill?
-Come ti chiami? – chiede il dottore.
-Tom…
-Tom, dovresti provare la febbre.
-Si ma dov’è Bill? – insiste, infilandosi il termometro sotto un’ascella.
-Chi è Bill…?
-Mio fratello. Dov’è mio fratello?
-Non lo so. Cerca di stare calmo.
Tom lascia ricadere la testa sul cuscino e chiude gli occhi.
Ho fatto la cazzata. Bill non vuole più vedermi.
-Credo che basti. Fammi vedere il termometro.
Il dottore abbassa lo sguardo…
40.6
…poi lo rialza. Guarda Tom tremare come una foglia. Gli occhi lucidi. La fronte imperlata da tante goccioline fredde.
Estrae una boccetta marrone dalla sua valigia, ne aspira un po’ di liquido arancione e lo inietta nel braccio di Tom.
-Mi gira la testa. – borbotta lui.
-E’ normale.
-E’ normale un cazzo.
Il dottore, un po’ contrariato, non risponde. Sistema le sue cose e lascia la stanza.
Non sa se per colpa di quella merda che quel cretino gli ha infilato nel braccio o per colpa della febbre, sa solo che sta peggio di prima.
Squilla il telefono della reception.
-Si?
-Scusi, sono Tom Kaulitz. Bill Kaulitz è lì fuori? – chiede Tom con voce roca.
Il facchino guarda un attimo fuori dalla vetrata – Si, è qui fuori…
-Me lo passa, per favore?
-Si, attendi in linea. - lascia il retro del lungo bancone di mogano, diretto verso Bill, che lo guarda contrariato.
-Che c’è ancora? – chiede il ragazzo.
-Suo fratello al telefono.
-Gli dica che non mi va di parlargli…
Il facchino annuisce e si allontana.
-No, anzi, aspetti. Avrei due paroline da dire a mio fratello. – lo blocca Bill.
Corre al telefono. Così lo mando a fanculo…, pensa.
-Pronto?
-Bill…
-Ma che voce hai?
-Puoi venire subito?
-Vai al diavolo, Tom!
-Ci andrò se non vieni subito…
-Non sono il tuo zerbino! Sono stufo ogni volta di dover risolvere i tuoi problemi. Mi sono veramente rotto!
-Mi dispiace…
Silenzio.
-Bill?
-Eh?
-Riuscirai mai a perdonarmi? Sono stato un-
Silenzio.
-Sei stato un…?
Silenzio.
-Tom? Tom?? Tom, sei morto? Tom, cazzo, non li sopporto questi scherzi idioti! Tooom?
Silenzio.
Bill abbandona la cornetta, che penzola indipendente su e giù.
**
Corre. Corre come un pazzo. Arriva alla loro camera e irrompe dentro.
-TOM?!?
-Lo sapevo che saresti corso da me…
Tom ha un sorrisetto idiota stampato sul viso.
Bill stringe i pugni fino a sentire le unghie penetrare nella sua stessa carne. Stringe gli occhi fino a sentirne il bruciore. – Dico, ti rendi minimamente conto dello spavento che mi hai fatto prendere? No, vero?
Tom si alza dal letto. Gli tremano le gambe, ma deve farlo. Cammina traballante verso il suo gemello.
Bill si allontana da lui – Stammi lontano, Tom! – ma quando vede che suo fratello sta per franare a terra gli corre incontro e lo sorregge, trascinandolo verso il letto.
-Sei un incosciente…
-Volevo solo chiederti di perdonarmi…
-C’era bisogno che ti alzassi?
Tom non risponde. Comincia a essere davvero stanco di tutto – Senti, Bill, io te l’ho chiesto in tutti i modi. Ti ho chiesto scusa. Ti ho detto che mi dispiace.
-Anche a me dispiace di averti dato quello schiaffo…
-Davvero? Ah, ho capito. Ti faccio pena perché sono in questo stato.
-No, la febbre non c’entra. Non mi fai pena.
Tom continua a guardarlo. Si sente uno stupido steso lì a letto. Ma è felice. Bill è lì accanto a lui.
Come ho fatto a trattarlo così male?, si chiede Bill. Sente frullare dentro di sé un misto di sensazioni, una confusione oscena. Si china sul fratello e lo bacia sulla guancia. Lui lo guarda con uno sguardo indecifrabile.
-Che c’è? – gli chiede Bill.
-Tutto qui?
-Tom, vuoi farmi arrabbiare un’altra volta?
-No…
Silenzio.
Bill si china di nuovo e bacia Tom sulle labbra, velocemente. – Va meglio?
Tom annuisce. Accenna un sorriso. – Grazie…
Due settimane dopo.
E’ una calda sera di settembre a Berlino. I Kaulitz sono ad un Aftershow Party.
Finita la vacanza, Bill aveva come smesso di vivere. E nessuno ne capiva il motivo. Neppure il suo gemello, che fino ad allora era sempre riuscito a leggergli nella mente, a percepire i suoi stati d’animo, a capirlo in ogni situazione.
“Ottima esibizione, Bill. Davvero di grande effetto.”
“I miei sentiti complimenti!”
“Sei stato grandioso. Ci hai tenuti tutti con il fiato sospeso!”
Era proprio di queste frasi che era stufo a morte. Non ne poteva più. Stava impazzendo.
Nel mezzo di un discorso decide di abbandonare quel gruppetto di persone, mai viste prima fra l’altro, e di andare a prendersi qualcosa da bere.
Tom non si vede…
Ordina un superalcolico, del tutto distratto.
-Scusa, ma quanti anni hai? – gli chiede il barista.
-Diciassette.
-E allora non posso servirti alcolici, mi dispiace.
-Ma vai al diavolo! Mai nessuno ha fatto caso all’età!
-Io si…Non voglio finire nei casini solo perché un ragazzino come te vuole affogarsi nell’alcool…
-Non mi ci voglio affogare! Dio, voglio solo un bicchiere! Dio! – il tono si stava alzando, quasi involontariamente.
-Stai calmo. Ti do una coca, ok?
-UNA COCA UN CAZZO!
Tutti si girano a guardare Bill, ma lui non smette di urlare. – CAZZO NON MI SEMBRA DI PRETENDERE CHISSA’ COSA!
Sbatte i pugni sul bancone, e si fa anche male alle mani ossute. Colpa di tutti gli anelli che ha alle dita.
-Senti, abbassa il tono…
-NO! DIO SANTO! VOGLIO DA BERE, OK?
Gli si avvicina una guardia che lo cinge per le spalle, cercando di allontanarlo dalla folla. Ma lui si agita, urla, sembra impazzito. Quando si accorge di non riuscire a liberarsi dalla morsa di quell’uomo comincia a disperarsi. Poi si rassegna. Poi si dispera di nuovo. E le lacrime gli riempiono gli occhi. Gli gira la testa. Chi sono tutte quelle persone attorno a lui? Cosa vogliono?
Alla fine lo vede. Vede i suoi dread biondi e il cappellino.
-TOM! – lo chiama, agitandosi più di prima.
Il fratello si gira di colpo. Scorge Bill bloccato ora da tre guardie. Gli corre incontro.
-Ti stavo cercando… - gli sussurra, poi aggrotta la fronte verso i tre uomini – Lasciatelo andare!
-Dovremo portarlo in caserma se non si da una calmata.
-Si darà una calmata. Garantisco io…
I tre guardano Tom, dubbiosi. Lasciano andare Bill un po’ contrariati – Ti teniamo d’occhio! – gli intimidiscono.
-Che cazzo è, una minaccia?
-Voleva dire che non si farà più riprendere… - lo corregge Tom.
I tre si allontanano, voltandosi ogni tanto a guardare i gemelli.
Tom aspetta che le guardie se ne siano andate, poi afferra il polso del fratello con rabbia e lo trascina in una saletta vuota.
-Bill, non ti riconosco più. Cosa ti succede?
-Niente… - le lacrime cominciano a scorrere di nuovo sul suo viso.
-E allora perché stai piangendo?
Tom gli si avvicina. La rabbia è sparita. Cerca di abbracciare il gemello, che però si divincola, guarda per terra, evita le sue braccia. Ma alla fine si fa stringere.
Perché Tom mi sta abbracciando così? Perché mi sento lo stomaco in subbuglio? Perché non riesco a smettere di piangere?
-Tom…lasciami andare…
-Prima devi dirmi cos’hai.
Silenzio…
Nessuno dei due parla. Tom non molla la presa. Non ha nessuna intenzione di farlo scappare un’altra volta.
-Che facevi prima? – prorompe Bill, la voce incrinata.
-Prima quando?
-Prima…non ti vedevo alla festa…
-Ah…si, cioè…
-Eri con una ragazza, vero?
Silenzio…
-Tom, eri con una ragazza?
-No…
-Tom…
-Ok, ero con una ragazza…
-DIO, IO LO SAPEVO! – Non ci sono più solo lacrime di dolore. Si sono aggiunte quelle per la rabbia, la delusione, la frustrazione. Bill si agita – LASCIAMI ANDARE, CRISTO SANTO!
Tom si ammutolisce. Lo stringe più che può.
-LASCIAMI ANDARE! – Bill tira un calcio al fratello, che allenta la presa per massaggiarsi il ginocchio.
Bill si volta per andarsene, ma Tom lo ferma per il braccio, l’altra mano ancora sul ginocchio.
-Vedi perché devi dirmi cosa ti prende? Perché forse è la stessa cosa che è presa a me.
-NON CREDO PROPRIO!
-Si, invece. E’ solo che reagiamo in due modi diversi. Tu diventi isterico, violento e spari un sacco di cazzate… - cerca di spiegare Tom, continuando a tenerlo – Io invece cerco di non pensarci…
-Non so di cosa tu stia parlando.
-Lo sai, invece.
Tom gli lascia il braccio. A questo punto resta a lui decidere se rimanere o no.
Bill rimane immobile. Poi cammina verso la porta.
Se ne va…, pensa Tom stancamente.
E invece Bill appoggia la schiena alla porta e lo guarda. Ha gli occhi ancora bagnati. – Non lo sopporto…
-Cosa non sopporti?
-Saperti con una ragazza.
-E perché?
-Dimmelo tu, visto che dici di sapere...
Tom gli corre incontro e lo bacia con foga, senza più pensare a niente. I loro pensieri si scontrano. Prende le mani del fratello, le sente fredde, le stringe. Continua a baciarlo. Chiude gli occhi, sente il suo respiro. Sente che deve spingersi oltre al semplice contatto di labbra, o Bill non avrebbe mai capito. Non sarebbe mai riuscito a fare distinzione fra un normale amore fra fratelli e quella cosa che provava lui. Che poi cos’era? Nemmeno lui lo sapeva. Sapeva solo che era profondamente sbagliata. Perché baciare il proprio fratello non è da persone sane di mente.
Bill non reagisce negativamente. Si limita a rispondere a quel bacio. Ma quando Tom socchiude le labbra si spaventa. Si irrigidisce. Non capisce più niente. Alla fine anche lui socchiude le labbra. Sente il piercing di Tom sfiorargli le labbra. Comincia a mancargli il respiro.
Anche Tom ha bisogno d’aria, ma non riesce ancora a staccarsi. Non ora che le cose stanno funzionando. Con una mano scosta un ciuffo di Bill, che sorride.
Sta sorridendo…
Bill prende il viso del fratello fra le mani, tirandolo ancora di più a sé, e per la prima volta anche lui lo bacia davvero.
Tom sente il piercing di Bill, rabbrividisce. Si sente quasi morire. Ma è una vita che aspetta quel momento. Non può morire adesso. Infila una mano sotto la sua maglietta e ne sente la pelle morbida e fresca.
Devo smetterla. Devo fermarmi. Che cazzo sto facendo?
Toglie di scatto la mano da sotto la maglietta di Bill e si allontana, maledicendo se stesso, il suo sentimento e tutto ciò che lo circonda, dal lampadario ai capelli di suo fratello.
Bill si accascia a terra e cerca di inspirare più ossigeno possibile. La schiena è appoggiata di nuovo alla porta, gli occhi chiusi.
Tom rimane in piedi, ma anche lui ha il fiatone. E dire che pensava di essere abituato a baciare. Riflette. Tanto vale perdonarmi…e far sentire Bill a suo agio. – Il bacio più bello della mia vita. – e sorride – Grazie!
-Ma grazie di cosa? – ansima Bill.
-Grazie per avermi baciato davvero! Non come quella volta…quando avevo la febbre…
Bill sorride – Grazie a te!
-A me?
-Mi hai fatto capire…delle cose che…-
-Meno male. – lo interrompe.
Silenzio.
-Tom…però…capisci che è sbagliato, vero?
-Si…non ho fatto altro che pensarci…
-Ma questo vuol dire che siamo gay?
-Ma che dici, Bill…? A me non piacciono i ragazzi.
-Io sono un ragazzo.
-Lo so, ma tu sei Bill. Non sei un ragazzo qualunque, sei mio fratello.
-Ancora peggio…
**
Il mattino dopo Tom non riusciva a svegliarsi. Forse perché aveva passato tutta la notte all’Aftershow. O forse perché non aveva voglia di scoprire cos’erano quei rumori provenienti dal bagno. Bell’egoista.
Pur non avendo bevuto alcolici, Bill stava davvero male. Era tranquillo, seduto sul bordo della vasca da bagno, pronto a sporgersi verso il lavandino nel caso di un nuovo conato. Ormai aveva vomitato così tanto che aveva le lacrime agli occhi. Ma continuava a rimanere tranquillo. Era troppo stanco per fare anche solo un minimo movimento inutile.
Dopo circa un’ora Bill è ancora in bagno e Tom decide di raggiungerlo, mosso a commozione e anche afflitto dai sensi di colpa per aver abbandonato il fratello mentre stava male.
Varca piano la soglia – Bill? – lo vede chinato sul lavandino. Ormai aveva rinunciato a sedersi perché aveva un conato ogni minuto.
-Tom…
-Non hai bevuto. Perché continui a vomitare?
-E che ne so…
-Hai bisogno di una mano?
-No, grazie. Me la cavo da solo, non-
Conato. Poi si sciacqua la bocca e si siede per terra. Anche a voler stare in piedi, le gambe non lo avrebbero retto. La fronte è tutta imperlata di sudore e il ragazzo ansima come se avesse corso per ore.
Tom gli si avvicina e gli porge una mano.
-Ti consiglio di stare vicino al gabinetto. Almeno puoi stare seduto mentre vomiti. – e gli sorride aiutandolo a sistemarsi.
-Non ci avevo pensato. Grazie.
Conato. Tom gli passa un asciugamano per pulirsi.
-Di questo passo vomiterai anche l’anima, Bill.
-Hai un trucco anche per smettere di vomitare?
-No purtroppo…
-Comunque mi sembra di aver finito.
-Sicuro?
-Si. Più o meno.
-Vuoi che ti aiuti a sdraiarti?
-No, ce la faccio da solo. – appoggia le mani al lavandino e cerca di tirarsi su, ma ricade seduto un secondo dopo. – Come non detto.
-Dai vieni, ti aiuto io. – Tom gli fa passare una mano sotto le ginocchia e l’altra dietro la schiena. Poi lo prende in braccio senza fatica.
-Mettimi giù. Sono pesante.
-Ma non sparare cazzate. Eri già leggero prima, figurati ora che hai vomitato tre chili di anima…
Bill si zittisce mentre il fratello lo porta in camera e lo stende a letto. Trema come una foglia e Tom se ne accorge subito.
-Vado a prenderti una coperta.
Ma quando torna, il gemello si è già addormentato. Gli rimbocca le coperte e si allontana facendo il minor rumore possibile.
Fa per uscire, quando sente un mugolio provenire dal letto.
-Mi lasci? – la voce di Bill è un sussurro.
-Vuoi che resti?
Silenzio.
-Si…
Tom gli si siede accanto e gli prende la mano gelida. – Se devi vomitare dimmelo, così ti porto di corsa in bagno…
-Non preoccuparti. – finalmente anche Bill riesce a fare uno dei suoi soliti sorrisi.
Tom annuisce. – Comunque è difficile non preoccuparsi quando tuo fratello vomita due mattine su tre e quattro sere su cinque.
-E’ un modo carino per dirmi che vomito troppo?
-Si, era un tentativo per non essere troppo duro.
Bill chiude gli occhi e tira un lungo respiro.
-Che hai? – gli chiede Tom in fretta – Devi vomitare?
-No, stai tranquillo.
-Per te devono sempre stare tutti tranquilli.
-Anche tu vomiti spesso, comunque.
-Si ma io vomito perché bevo, Bill.
-Lo so.
-Lo so che lo sai.
-Tom, se vuoi farmi arrabbiare dillo subito, ok?
-A me sembra che tu sia già arrabbiato.
-Eh, sai com’è. Continui ad assillare.
-Allora me ne vado, così ti lascio in pace. – si alza.
Aspetta una reazione da Bill, ma niente.
-E’ inutile che aspetti, Tom. Non ti dirò più di restare.
-Sei così stronzo a volte.
-Ho preso tutto da mio fratello…
-Certo.
Esce dalla stanza deluso, mortificato. Si sente graffiato dentro. Non è la prima volta che litiga con Bill, ma ora è diverso. Si sente crollare il mondo addosso. Si sente completamente inutile. Decide di andare nel Tour Bus parcheggiato nel cortile dell’ hotel. Parlare a Georg e Gustav potrebbe farlo stare meglio.
-Oh Tom. Cos’è quella faccia?
Gustav è in piedi davanti ai fornelli. Sta facendo il caffè.
-Sono distrutto. Mi sento una merda. Georg dorme?
-Si, dorme. Vuoi del caffè?
-No, lo fai da schifo. Senza offesa. C’è ancora coca in frigo?
-Credo di si. La prossima volta lo faccio fare da te il caffè.
-Verrebbe sicuramente meglio. – apre il minibar e prende una bottiglietta di coca-cola, la sua droga.
-Bill?
-Dorme.
-Capito.
Silenzio.
Tom si siede sul letto vuoto di Gustav e beve la coca senza dire una parola.
-Avete litigato, vero?
-Già…
-Lo immaginavo. E per cosa?
-Stamattina ha passato tipo tre ore in bagno a vomitare…
-Ancora?
-Si. Dimmi tu se è una cosa normale.
-No, non lo è. – dà un sorso al suo caffè – E lui si è arrabbiato perché glielo hai fatto notare…
-Esatto.
-Tom, non alzi la voce o cose simili se ti dico una cosa?
-Ci provo. – borbotta guardando fuori dal finestrino del bus.
-Credo che Bill sia bulimico…
-No. Non lo è.
-Tom, ragiona…
-Ti dico che non lo è.
-Pensala come ti pare.
-Ma infatti è quello che sto facendo.
Silenzio.
-Gus, vado a farmi un giro.
-Ok. Ci vediamo a pranzo?
-Si.
Bill è ancora a letto. Gli brucia lo stomaco da morire. Ed è proprio quello che vorrebbe. Vorrebbe morire.
Trova le forze per alzarsi. Si fa una doccia, si veste e si trucca con cura. Nessuno direbbe che ha dormito a malapena due ore. Nessuno direbbe che è stato male. Che sta male.
Chiama David, il manager suo e di Tom.
-Si, Bill, dimmi.
-David, vorrei tornare a Leipzig da mia madre per un po’…
**
-Sei impazzito???
-Non arrabbiarti. Non ce la faccio più.
-Ma dovete fare un sacco di partecipazioni! Non posso disdire tutto!
Silenzio.
-Bill!
-Eh?
-Ti chiedo di rimanere ancora tre o quattro mesi. Il tempo di andare a queste trasmissioni. Poi puoi prenderti una settimana di pausa.
Bill sbuffa. – E va bene. Ancora tre mesi, non di più.
-D’ accordo. Mi organizzo.
-Grazie. A dopo.
Clic.
E vaffanculo. Ancora tre mesi.
Si spalanca la porta. Bill è ancora in piedi con il cellulare in mano, truccato di tutto punto.
-Esci?
-Tom, ancora qui sei?
-Si. Stai uscendo?
-Perché?
-Sei truccato… - e fa scorrere lo sguardo dagli stivali di Bill fino all’ultima punta dei suoi capelli - …e vestito anche! – Vestito piuttosto bene…
-Non posso più nemmeno vestirmi? Ero stufo di stare in pigiama. – detto ciò torna in bagno e si controlla il trucco. – Sai, ho detto a David che torno dalla mamma…
-Che cosa fai?
-Per ora niente, visto che mi ha detto di aspettare tre mesi.
-Perché torni da mamma?
-Tanti motivi. – esce dal bagno – Oggi pomeriggio cosa dobbiamo fare?
-Partecipazione a Viva Live. – sbuffa Tom.
-Ah già.
-Andiamo a pranzo? Gus e Georg ci staranno già aspettando, per come sono fatti loro. – ridacchia.
-Non ho fame…Vai tu. Magari vi raggiungo dopo.
-Bill…
-Cosa c’è?
-Mi costringi ad avvertire un dottore se vai avanti così.
-Provaci e poi io con te ho chiuso.
-Dovrò correre il rischio.
-Tom, non lo fare. Ti prego.
-Mi chiedi troppo, Bill. Io non ce la faccio più a vederti così. Sono mesi che ripeto a me stesso che stai bene. Ma non è così.
Bill gli si avvicina, gli mette le braccia al collo e lo abbraccia. Appoggia il viso sulla spalla di Tom, vicino al suo collo.
Anche Tom lo prende per i fianchi. Sente il suo respiro leggerissimo. E’ come se non respirasse. Chiude gli occhi, poi con le labbra cerca il viso di Bill. Trova la guancia e la sfiora delicatamente, avvicinandosi alla bocca del fratello. Le loro labbra si incontrano ma subito dopo Bill si stacca e si allontana.
-E’ anche per questo che voglio tornare dalla mamma. Non voglio più vederti per un po’.
-Ma così mi uccidi.
-Tom, stiamo confondendo quello che è un normale legame fra gemelli con qualcosa che non ci appartiene. E non mi va bene.
Per la prima volta dopo tanti anni Tom si siede per terra con la schiena al muro e si copre il viso con le mani.
-Tom?
Il ragazzo singhiozza. Si cinge il ventre cercando di fermare quei fastidiosi singulti. Ha il viso rigato dalle lacrime.
-Tom, non volevo farti piangere. Io-
-Lascia perdere, Bill.
-Ma-
-Vattene via.
Bill si inginocchia davanti al fratello, gli prende il viso e lo bacia bloccando il suo tremore. Tom ricambia e mordicchia le labbra del fratello.
Poi Bill si stacca. Respira a fondo. – Non devi stare male.
-Io voglio stare con te e tu vuoi lasciarmi. Come dovrei stare?
-Io non voglio lasciarti. Devo farlo per entrambi perché so che ci spingeremmo troppo in là.
-Pensi davvero che ti porterei a letto?
Bill non risponde.
-Bill, io porto a letto solo le ragazze. - Fitta allo stomaco. Ma porterei a letto anche te.
-E’ questo il problema. Non voglio arrivare al punto di voler andare a letto con te perché so che non lo faresti. E io ci morirei.
-Cristo santo.
-Cosa?
-Io lo farei…però ho una fottuta paura.
-Ti faccio paura?
-Non tu, ma la cosa di per sé. Cioè, non saprei come muovermi.
-E’ normale, Tom…
-Beh ma nessuno ci obbliga ad arrivare fino a quel punto.
-Infatti. Finiamola qui. – si alza e corre via sbattendo la porta.
**
Quel pomeriggio si ritrovarono tutti nel backstage di Viva. Non si sa come, ma David era riuscito a svegliare Georg, a trovare Gustav e Tom, e a trascinare Bill con la forza.
I quattro stavano seduti nel loro camerino. Georg e Gustav chiacchieravano delle stesse cose noiose, per cui sia Tom che Bill si erano estraniati da loro. Il primo si era stravaccato su un divanetto e fissava inebetito le sue scarpe bianche. L’altro stava davanti allo specchio con un bicchiere di caffè fra le mani. Dava ritmicamente un sorso ogni cinque minuti. Roba che a guardarlo diventi scemo, stava pensando Tom.
Guardava il suo profilo. Aveva la fronte aggrottata, un’ espressione assolutamente assorta. Gli occhi erano persi nel vuoto. Non gli rivolgeva la parola da quando se n’era andato sbattendo la porta. Eppure gli sembrava di amarlo più di prima. Sentiva soprattutto la fragilità, di Bill. Quella fragilità che lo rendeva così insicuro. Nel tempo aveva imparato a mascherare la sua profonda insicurezza curando l’estetica. E questo lo rendeva ancora più misterioso, tutto da scoprire.
-Dieci minuti alla diretta. – li avverte David.
Bill abbassa lo sguardo sul suo caffè. Lo vede nero, come nera è la sua schifosa vita. Vorrebbe piangere, urlare, picchiare qualcuno, sbattere la testa contro il muro. Tutto tranne che andare in diretta proprio ora. Nonostante ciò, reprime come sempre il suo malessere e cammina tranquillo e sorridente fino alle poltrone dello studio, seguito a ruota dal fratello, da Georg e da Gustav.
La conduttrice li fa accomodare e li prega di sentirsi a loro agio.
C’è poco di che sentirmi a mio agio in questo momento., pensa Bill, Se solo Tom si spostasse un po’ non sentirei il suo fianco contro il mio.
Il tempo passa lento e insopportabile. Sempre le solite domande. Ed è costretto a rispondere e a ridere come uno stupido per non deludere le fan e il manager.
-Va bene, per ultima domanda vorrei rivolgermi a Tom in particolare. E’ vero che sei andato a letto con una fan?
Tom sorride – Si, è vero! – ride.
Cosa cazzo ride?, pensa Bill guardandolo in cagnesco.
-E come è andata? – insiste la conduttrice.
-Molto bene! – ride – Ci siamo divertiti molto entrambi. Davvero una bella ragazza!
Vai al diavolo, Tom. Uccidimi. Liberami da questi pensieri. Liberami da questi sentimenti. Liberami da te.
E dopo un’ora sono di nuovo tutti nei camerini. Bill si strucca, indossa gli occhiali da sole e un cappellino.
Tom fa segno a Georg e Gustav di lasciarli un secondo da soli senza farsi notare da Bill. Loro annuiscono ed escono con la scusa di andare alle macchinette a prendersi un caffè.
Bill si volta verso il fratello. Lo vede in piedi, davanti alla porta, che lo guarda.
-Che vuoi, Tom?
-Niente. – e sorride.
-No, non sorridermi.
-Bill, io non ho capito se abbiamo litigato o no. Non ho capito se sei incazzato. Non ho capito niente.
Silenzio.
-Tom, io ti odio. Mi sono reso conto di non averti mai amato. I miei sentimenti non sono mai andati oltre l’affetto. E ora non ho più nemmeno quello nei tuoi confronti.
-Bill…
-Tu hai fatto lo stronzo. Dirai a un dottore di curarmi. Ti inventerai un paio di balle per convincerlo che sono bulimico e mi farai rinchiudere in un centro. E’ questo che vuoi.
-Non è vero, io-
-Zitto, non voglio sentirti. Io stasera torno dalla mamma. E se David avrà qualcosa in contrario gli dirò che lascio il gruppo.
Passi veloci. Lo sbattere di una porta. La rabbia nell’aria. E poi silenzio.
Le sue labbra sulle mie. Il suo corpo sul mio. Le nostre lingue a contatto. I suoi capelli che mi sfiorano il viso.
-Alzati, Tom! – urla David dal di fuori della camera, battendo sulla porta.
Cazzo era solo un sogno. Porca…-
-Tooooooom!
-Sono sveglio! Sono sveglio, basta!
Va a farsi la doccia. Apre la bocca sotto il getto e beve un po’ d’acqua, poi la sputa fuori.
Non sente e non vede Bill da un mese. I primi giorni credeva che sarebbe morto senza di lui. Aveva provato a chiamarlo un migliaio di volte, ma lui non aveva mai risposto.
La stampa cominciava ad andare in escandescenza. Frasi come Dov’è finito Bill Kaulitz dei Tokio Hotel? o Bill Kaulitz ha lasciato i Tokio Hotel? erano ormai su tutti i giornalini. E questo non faceva altro che far stare Tom ancora peggio.
Bill aveva scritto una canzone per loro due. Diceva che sarebbero morti insieme. Che non voleva restare solo altrimenti le ombre lo avrebbero catturato.
Ma dove sei ora, Bill? Perché mi hai abbandonato? Perchè mi stai uccidendo così?
Finita la doccia, indossa i primi vestiti che trova e scende a fare colazione. David lo stava già aspettando in piedi.
-Tom, sei pronto? Oggi dobbiamo andare a fare quell’ intervista che-
-David, io non ce la faccio. Che intervista del cazzo è senza Bill? Eh? Me lo spieghi?
-Un’ intervista di merda ma pur sempre un’intervista! Vuoi che i Tokio hotel vadano a rotoli? Sto cercando di salvare la situazione. Non è colpa mia se tuo fratello se n’è andato! Almeno potresti tentare di farlo tornare invece di lamentarti in continuazione!
-Credi che non ci abbia provato?
-Non hai fatto abbastanza.
-Non ho fatto abbastanza…
-Dai, fai colazione che andiamo.
-Falla tu la colazione, se hai fame. A me è passata. E già che ci sei, falla fare a Georg e Gustav l’intervista. Fai come se non esistessi. Non me ne importa più niente. Senza Bill per me i Tokio Hotel sono morti. Perché primo fra tutti sono morto io.
Lascia David di stucco, disperato della sua vita, e va a rifugiasi nel Tour Bus vuoto.
Non c’è più niente in quel bus che appartenga a Bill. Si è portato via tutto. Però è rimasto quel letto in alto dove una sera ci si sono raggomitolati sopra, insieme, e Bill aveva paura dei tuoni. Proprio quel Bill che paradossalmente cantava running through the monsoon, beyond the world aveva una paura matta dei temporali. Aveva appoggiato la testa sul petto di Tom e lui gli aveva accarezzato i capelli per tutta la notte, finchè Bill non si fu addormento quando ormai era quasi mattina.
Quanti ricordi. Ormai non faceva altro che vivere di ricordi, ripensando al passato. Ripensando a Bill. Al suo sorriso. Era impresso nella sua mente e non se ne sarebbe mai andato da lì. Perché per lui Bill era come l’aria, indispensabile. Ogni giorno di più si sentiva soffocare. Si, sarebbe morto soffocato.
**
Leipzig. Cielo coperto.
Bill in bagno. La madre che lo sorregge.
-Prendi questo. Dovrebbe bloccarti il vomito.
Il ragazzo prende la pastiglia bianca che gli porge la madre e la ingoia. E finalmente il suo stomaco trova un po’ di pace. – Grazie mami.
La donna abbraccia il figlio. Sembra ancora così indifeso pur avendo diciassette anni. E non era mai stato così magro. Riusciva a sentirne le ossa delle spalle mentre lo abbracciava. E un brivido le percorreva la schiena, la paura di perderlo la tormentava.
Bill si libera dalla stretta della madre – Vado a stendermi a letto.
-Va bene. Se hai bisogno chiamami. Oggi torno prima dal lavoro, comunque. Almeno stiamo un po’ insieme.
Bill annuisce e la saluta.
Anche tu mi lasci solo, mamma…
Raggiunge a fatica la camera da letto che una volta era stata sua e di Tom. Gli armadi sono ancora pieni dei suoi cappellini. Ne prende uno nero e se lo mette in testa, poi si sdraia. Abbassa la visiera. Gli sembra di sentire il profumo di Tom.
Singhiozzi di pianto cominciano a scuotergli l’addome e pesanti lacrime scorrono sul suo viso.
Tom, sto morendo. Ma non posso tornare.
Ad un tratto sente che una rabbia devastante si sta impossessando di lui. Si odia. Vorrebbe morire qui, ora, subito.
Si alza, cammina svelto ma traballante verso la cucina e afferra un coltello. Lo osserva per qualche istante. Il luccichio della lama si riflette nei suoi occhi stanchi e senza luce, ma venati di odio. Se lo rigira fra le mani gelide, ci si specchia.
Tu che brilli così tanto, puoi aiutarmi a morire?
E la lama sembra guardarlo.
Sei fredda e senza vita. Rendimi uguale a te. Freddo e senza vita. Freddo e senza vita. Freddo e senza vita.
Distende un braccio sul tavolo. Comincia a tagliarsi.
Incide prima una T…
Poi una O…
Infine una M…
Fuoriesce il sangue. Quel caldo, rosso, schifoso sangue che lo tiene in vita. Ma lui vuole morire.
Esci tutto. Sangue di merda.
Si accascia a terra. Si raggomitola e le lacrime salate si mescolano al suo sangue. Comincia ad annebbiarglisi la vista. Ha ancora stretto in mano il coltello. Poi la mano perde forza e lo lascia andare.
David sta guidando verso Leipzig. Tom è seduto accanto a lui, stravaccato sul sedile mezzo abbassato a mo’ di sdraia. Giocherella con il cappellino che tiene appoggiato sul ventre.
-Te lo dico per l’ultima volta. Se non lo fai tornare a Berlino io non-
-Ho capito, David. Tu mi ammazzi. Ti ho già detto che farò di tutto per convincerlo, per cui falla finita. – Guarda fuori dal finestrino. E’ mattina presto ma il cielo è scuro.
Maledette nuvole.
A un tratto Tom si tira su di scatto e appoggia la fronte sul cruscotto. – Cristo santo! – mugola.
-Che cosa?
-Mi gira la testa.
-Ma a te non gira mai la testa.
-Ti dico che mi gira la testa, cazzo. – Una sola lacrima gli riga la guancia sinistra – Bill…
-Bill cosa?
-Bill sta male.
-Beh, questo lo sapevamo.
-No! Non capisci un cazzo! Bill sta male sul serio! Accelera, che mamma a quest’ora è al lavoro.
Il manager decide di dare ascolto al ragazzo. In fondo Tom e Bill sono gemelli. Non ha mai creduto al fatto che potessero essere telepatici. Ma se Tom avesse avuto ragione?
Bill ha ormai perso conoscenza. Gli sembra di vedere l’ombra di suo fratello. Ricorda alcuni momenti della loro infanzia. E’ davvero così che si muore? E allora perché i suoi pensieri continuano a viaggiare? Perché riesce ancora a sentire il freddo del pavimento contro il suo fianco?
La porta si spalanca di colpo. Sente Tom urlare. Sente David chiamare l’ambulanza. Qualcuno lo alza e lo distende su quella che deve essere una barella. E poi il vuoto. Il nero totale. Il silenzio assoluto.
Tom è appoggiato con la schiena al muro. E’ pallido, trema come una foglia. La madre lo ha raggiunto subito, appena lui l’ha avvisata del fatto che Bill aveva tentato di suicidarsi. C’è anche David in quella cupa sala d’aspetto. Cammina avanti e indietro davanti alla sala operatoria e ogni volta che esce un dottore lo tempesta di domande.
Si avvicina a Tom e Simòne, la mamma dei gemelli. Loro lo guardano. Sono sconvolti. Il ragazzo ha dipinta sul volto un’espressione malsana, come di uno che ha perso la ragione da un pezzo. Simòne si limita a piangere in silenzio tenendo la mano del ragazzo. Ogni tanto tira su col naso.
-Gli stanno facendo una trasfusione.
Tom lascia la mano della madre e corre via. La donna lo guarda andarsene. Decide di lasciarlo un po’ solo con il suo dolore, di concedergli un po’ di spazio.
-David, se fra mezz’ora non torna potresti andarlo a cercare?
-Certo, sicuro.
Non gli basto. Non gli sono bastato. Non si è preoccupato per me. Non si è chiesto come mi sarei sentito io se lui fosse morto. Non gli è venuto il dubbio che sarei morto anche io.
Si sciacqua il viso con l’acqua fredda e si guarda allo specchio. Lascia cadere le gocce sulla sua maglietta. Tanto che gliene importa?
Se Bill muore io mi ammazzo.
Torna nella sala d’aspetto. E’ come entrare in una tomba. Incrocia lo sguardo di sua madre. Va a sedersi in disparte, si abbassa il cappellino sugli occhi e il sonno lo pervade.
C’è Bill. Gli sta sorridendo con occhi particolarmente luminosi. Gli corre incontro, felice. -Tom, è arrivata la mia ora. Me ne devo andare. Ma prima vorrei che tu sapessi una cosa. -Non voglio che tu te ne vada, Bill. -Sta’ zitto e ascoltami. Non ho molto tempo… -Non puoi lasciarmi. Bill gli appoggia una mano sulle labbra. – Ti amo. Ti ho sempre amato. E continuerò a farlo per l’eternità. -Bill… - mugola Tom da sotto la mano del fratello. -Sssssh! Non parlare, Tom. Le parole rovinano sempre tutto. – toglie la mano e appoggia le labbra su quelle del gemello. E il loro bacio si disperde fra profumo d’incenso e petali di rosa. L’immagine di Bill si dissolve come una luce abbagliante, lasciando il viso di Tom rigato da lacrime nere, maledette, le lacrime di quella persona che aveva perso la voglia di lottare per rimanere in vita.
***
-Tom!
La voce di David lo riporta alla realtà. Si leva il berretto e si accorge di aver pianto nel sonno, mentre quel sogno è ancora dentro di lui, lo tortura, lo tormenta dal profondo. E’ come un battere incessante in fondo allo stomaco.
-Tom, tuo fratello ha ripreso conoscenza.
E le lacrime che ormai gli si stavano seccando sul viso vengono alimentate da quelle nuove.
Le parole rovinano sempre tutto…
Tace. Piange. Abbraccia la madre, poi il suo manager.
Dalla sala operatoria escono quattro infermieri che spingono la barella di Bill lungo il corridoio. Tom li rincorre. Raggiungono una stanza vuota, adagiano Bill su un letto e gli infilano una flebo nel braccio. Il ragazzo ha gli occhi chiusi, ma le sue palpebre tremano.
Un infermiere si rivolge a Tom – Non lasciatelo mai solo per nessun motivo.
-Assolutamente.
Tutti abbandonano uno dopo l’altro la stanza. Rimangono solo lui e Bill.
Gli si avvicina. Lui apre gli occhi e gli fa un debolissimo sorriso – Tom…
-Non parlare, Bill. Non stancarti.
-Resta qui con me.
-Non ti lascerei mai. – si siede accanto al fratello disteso e gli prende la mano. Bill non ha la forza di stringerla, ma solo sentire quel caldo contatto lo rassicura. Bill è vivo.
Simòne e David sbirciano all’interno della stanza. La donna sorride, poi scoppia di nuovo a piangere in silenzio. – Lasciamoli soli per un po’. Bill ha bisogno di suo fratello adesso.
L’uomo annuisce, prende a braccetto Simòne e insieme tornano nella sala d’aspetto.
Le loro mani sono ancora unite. Tom guarda il polso sinistro del gemello. E’ fasciato.
E’ scosso da un tremito.
-Stai tremando? – gli sussurra Bill.
-No, va tutto bene.
-Mi sei mancato da morire. – I suoi occhi si stringono fino a diventare delle fessure e si riempiono velocemente di lacrime. Comincia a singhiozzare.
-Bill, stai calmo. Non piangere. – ma lui non smette – Bill, non piangere! Per favore. – e anche il viso di Tom si riga di lacrime. Il suo però è un pianto tranquillo, Bill invece sembra disperato.
Gli appoggia una mano sul petto – Chiudi gli occhi, Bill.
Il ragazzo abbassa le palpebre lentamente. La mano di Tom lo tranquillizza. Lui è lì. E’ lì per restare.
Quando riapre gli occhi, i tremiti sono ormai cessati.
-Mi sono addormentato? – chiede a Tom.
-Si. – sorride lui.
-E quanto ho dormito?
-Un po’. Tra poco arriva un’infermiera a cambiarti la fasciatura. – e fa un cenno con la testa verso il polso di Bill. – E ti mettono anche una flebo nuova.
Bill sbuffa.
-Cosa c’è?
-Niente. Vorrei non essere qui.
Non vorrebbe essere qui… - Avresti preferito morire?
-No, non dico questo. E’ solo che non vorrei trovarmi in questa situazione.
-Allora sei pentito di quello che hai fatto…?
-Diciamo che in quel momento sembrava l’unica cosa da fare. Ma adesso…
-Ma adesso?
-Vedendoti qui, vicino a me…
-Pensavi che mi fossi dimenticato di te, Bill?
-Si…
-Ma santo Dio! Ti ho telefonato un migliaio di volte e non mi hai mai risposto.
-Non volevo farti stare male.
Silenzio.
E proprio in quel momento entra un’infermiera spingendo un carrellino. – Si allontani. – dice rivolgendosi a Tom.
Scioglie la fasciatura di Bill. Ed eccola lì. La scritta Tom incisa in profondità, che ancora perde sangue. Tom non può fare a meno di non vederla. Scappa veloce verso il bagno in preda ad un conato.
Nel frattempo l’infermiera si muove rapida, disinfetta la ferita facendo lacrimare Bill di dolore e la rifascia con cura, stringendo le bende il più possibile. – Ecco fatto. Fino a domani sera non la tocchiamo più. – dice cambiando la boccetta vuota della flebo con quella piena.
-Grazie a Dio… - biascica il ragazzo.
Sulla soglia riappare Tom, sudato marcio e con un’aria sconvolta.
-Si sente bene? – gli chiede l’infermiera.
-Bene. – ansima lui.
-Resti con suo fratello…
-Si…certo…
E rimangono soli un’altra volta. Tom si porta una mano alla fronte, premendo per mettere a tacere quel martellante dolore. E’ ancora in piedi, poco distante dalla porta. E Bill lo sta guardando.
-Sicuro di sentirti bene?
-Certo.
Silenzio.
-Perché prima sei scappato via?
Rifletti. Rifletti in fretta. – Sono andato a vedere come stava la mamma… - Enorme, gigantesca, clamorosa bugia.
-Ah… - può essere così ingenuo Bill? – E come sta?
-Ora bene. Si è spaventata a morte prima…
-Mi dispiace.
Gli si avvicina. Il suo sguardo non può fare a meno di cadere sulla fasciatura.
Bill se ne accorge – Cosa guardi?
-C-cosa guardo? Niente. Non guardo niente.
-Tom, lo so a cosa stai pensando…
-Ah si? – gli trema la voce in una maniera assurda. Sta cazzo di telepatia.
-Si.
Silenzio.
-Bill, io mi sento responsabile di tutto questo e non penso che riuscirò più a dormire tranquillo.
-Non devi fare caso a quella scritta…perché non c’entra niente. Voglio dire- Si blocca vedendo piangere suo fratello.
-Volevi ucciderti ed è tutta colpa mia. – si strofina l’occhio destro cercando di smettere quella stupida scenata da ragazzo fragile.
-Non è colpa tua. Sono stato io a sbagliare. Pensavo che-che le cose sarebbero andate per il ve-verso giusto. E invece- Inevitabilmente lacrime. – Pensavo che solo morendo a-avrei smesso di ama-amarti e tu saresti stato bene e-
Tom si china e lo bacia sulle labbra. Le loro lacrime si incontrano e si uniscono. I loro respiri si confondono insieme.
-Bill, non devi pensare che il nostro amore sia uno sbaglio. E devi smetterla di pensare che io starei meglio senza di te.
-Ma è così…
-No. In questo mese è stato come se la mia vita si fosse fermata. Non ero vivo, ma neppure morto. Ho cercato in ogni piccola cosa una motivazione per continuare. – Bill lo guarda senza parlare – Solo il tuo ricordo mi dava forza. E solo la speranza di rivederti mi dava pace.
-Anche io mi sentivo così. Poi ho cominciato ad odiarmi, a chiedermi perché me ne fossi andato da te. E le risposte non arrivavano mai. Mi ripetevo che dovevo farlo per il tuo bene. Tu meriti qualcosa di più. Qualcosa che non sono io. Io sono tuo fratello.
-Ma io ho bisogno solo di te. – perché mi sto mettendo a piangere di nuovo?
-Tom, io ci sarò sempre per te. Ma questo non vuol dire che dobbiamo fare cose tipo baciarci o…
Silenzio.
-Comincia a farti schifo, vero?
-No, per niente.
-E allora perché ti fai tutti questi problemi? Se vorremo baciarci ci baceremo, e se no niente.
-La fai facile, Tom.
-Credo che tu stia perdendo di vista la cosa più importante. Stare insieme. Poi non importa in che modo lo facciamo, l’importante è esserci sempre l’uno per l’altro.
-E’ strano sentirlo dire da te, però ha senso.
-Si, ne ha.
**
Dopo lunghi giorni di ricovero, finalmente Bill venne liberato dalla fasciatura al polso. L’ incisione si era rimarginata, ma le famose tre lettere erano rimaste, indelebili, incancellabili. E lo sguardo di Tom continuava inevitabilmente a cadere su quelle cicatrici che riproducevano il suo nome. Lo turbavano.
-Tom, stai bene?
-Certo...- deglutisce – Prepara le tue cose. Torniamo a Berlino.
-A Berlino?
-Si. Dobbiamo recuperare tutte le interviste che non abbiamo fatto per colpa tua, altrimenti è la volta buona che David ci uccide nel sonno.
-Non mi va di tornare a Berlino…
-Santo dio, Bill. Non fare il bambino. – e queste ultime parole uscirono più dure del dovuto.
-Tom…ma cosa ti ho fatto?
La tipica serenità di Bill era sparita. Si sentiva divorare dentro per come il gemello lo stava trattando. Non poteva credere che quello fosse lo stesso Tom che fino al giorno prima era stato accanto al suo letto, giorno e notte, per controllare che stesse bene.
-Non mi hai fatto niente. Muoviti, ti aspetto fuori. – gli risponde lasciando la stanza di ospedale.
Poco dopo Tom e Bill si ritrovano seduti sui sedili posteriori dell’ auto del loro manager. Ciascuno guarda fuori dal proprio finestrino.
-Perché siete così silenziosi, si può sapere? – chiede David all’improvviso, spezzando quel vuoto silenzioso.
-Cazzi nostri. – sbotta Tom.
Bill continua a stare zitto.
Perché mi fai questo, Bill? Perché mi hai fatto innamorare di te se non posso averti?
Ad un tratto l’auto rallenta e imbocca l’entrata di un’area di servizio.
-Scusate, ragazzi. Devo farmi un caffè o crollo sul volante. Voi volete qualcosa? – chiede il manager.
-Niente, grazie. – Perché anche volendo non riuscirei a buttare giù nulla dopo il comportamento di Tom.
-Una coca.
-D’accordo, torno subito. – sbatte la portiera e si allontana.
E in auto rimane il silenzio di tomba. Bill vorrebbe correre a vomitare per quanto sta male. Vorrebbe stringere suo fratello, baciarlo. Ma lui è così distante. Lui non lo vuole più. E allora perché mi ha fatto tutti quei discorsi? Perché si è sentito in colpa?
Cerca con la sua mano quella di Tom. La trova, ne sfiora il dorso e la stringe.
Cazzo, Bill, perché mi fai questo?, pensa Tom, e stringe gli occhi ritraendo la mano.
Vede Bill stringersi lo stomaco con il braccio sinistro, l’altro appoggiato al finestrino aperto. Ha gli occhi lucidi e si sta torturando il labbro inferiore, mordicchiandolo persistentemente. Sta male. Molto male.
-Bill..? – sussurra – Vieni…- tende un braccio stringendo il gemello per un fianco e portandolo a sé.
Bill non capisce. Gli fa un irresistibile sguardo interrogativo. Tom preme le labbra contro le sue, spingendolo contro lo schienale del sedile. Bill ricambia, si perde in quel profumo, nel sapore delle labbra di Tom. Sente la sua mano alzargli la maglietta e sfiorargli la schiena.
-Tom!
Poi le labbra del gemello si appoggiano sul suo collo. Un brivido si impossessa di lui.
-Tom, potrebbero vederci…
-Non cercare di fermarmi adesso, Bill.
Bill cerca di respingere il fratello, anche se il suo cuore vorrebbe assecondarlo.
-Vedi come sei? Stai male se ti sono indifferente. E quando cerco di fare qualcosa mi ostacoli.
-Ti devi controllare, Tom…
-Non fare il gemello buono. Anche tu lo vorresti.
E’ vero. Anche io lo vorrei, Tom.
-Mi torturi. Bill, se non parli mi torturi.
-Mi dispiace.
-E ogni volta che mi rifiuti, mi torturi.
Si guardano intensamente proprio mentre David si risiede al volante.
-La tua coca, Tom.
-Grazie. – risponde lui afferrando la bottiglietta ma continuando a fissare il fratello.
Qualche ora dopo l’auto si ferma davanti all’ingresso del loro hotel. Nessuna fan in vista, via libera.
-Non c’è nessuno. Cominciate a entrare, io parcheggio l’auto nel cortile.
I due scendono dall’auto. Bill si avvia precipitosamente verso l’entrata, perché non si sa mai. Tom invece assume un passo rilassato. Ad un tratto vede un ragazzo avvicinarsi a Bill da dietro. Suo fratello non deve averlo notato.
Che cazzo sta facendo quello?
Lo sconosciuto afferra con forza un braccio di Bill, obbligandolo a voltarsi. – Me lo fai un autografo? – gli chiede con sguardo languido.
Gli occhi di Bill cominciano a lacrimare per il dolore perché quel deficiente gli sta stringendo proprio il polso ferito. – Se mi lasci il braccio, magari…
-NO, NON TE LO LASCIO IL BRACCIO! – gli urla in faccia, poi lo spinge contro il muro – Non puoi capire cosa ti farei…E pensare che io non sono nemmeno gay. Cazzo, sei sconvolgente.
Vista la scena, Tom era corso dritto dietro allo sconosciuto. – Lascia andare mio fratello!
Il tipo si volta, allentando la presa. – Ma chi cazzo ti credi di essere, tu?
-HO DETTO DI LASCIAR ANDARE MIO FRATELLO! SEI SORDO O COSA? – e gli sferra un destro in piena faccia facendogli sanguinare il naso.
Bill rimane ansimante contro il muro a guardare la scena. Lo sconosciuto, ripresosi dal colpo, si accanisce contro Tom. E Bill non riesce a far altro che piangere, come paralizzato.
Ad un tratto arriva David con due bodyguards, che afferrano il maniaco e lo allontanano da Tom, ormai rannicchiato a terra.
Bill si lascia scivolare, inginocchiandosi a terra con la schiena contro il muro. Singhiozza e si prende il viso fra le mani. Poi sente una mano accarezzargli i capelli. Alza lo sguardo. Tom.
-Stai bene?
Bill fa cenno di sì con il capo, si tira su a fatica e si getta fra le braccia del fratello, piangendo come un bambino.
-Non fare così, Bill. Non posso vederti così.
Lo stringe più forte a sé, sente il ritmo irregolare del suo respiro e le lacrime calde che gli bagnano il collo.
-Non mi lasciare, Tom.
**
E finalmente giunse la sera. Le tenebre che tanto Bill amava e che sapevano dargli pace ogni volta. Eppure c’era qualcosa di strano. Permaneva la stessa irrequietudine che lo aveva dominato per tutte quelle settimane. Rimanevano il dolore, il senso di impotenza e quel controllo auto-imposto che lo stava divorando giorno dopo giorno.
Controllo.
Si sfilò la maglietta, lentamente, pensando a quanto fosse tetra quella stanza d’albergo. La finestra era aperta e dava su una strada illuminata da migliaia di lampioni e fari di auto. Quella luce gli si rifletteva nei castani occhi stanchi, così profondamente tristi, ma dannatamente e perfettamente asciutti. Non una lacrima li avrebbe bagnati di nuovo contro il suo volere.
Controllo.
Indossato il pigiama, si sdraia finalmente a letto. Affonda il capo nel morbido cuscino di piume, ne sente il profumo di pulito e riesce a vederne il rilassante candore pur avendo gli occhi chiusi. Si, occhi chiusi. Occhi chiusi che però continuano a vedere. Rivivono scene del passato, momenti, pezzi di vita che non torneranno più indietro. Esaminano per l’ennesima volta i lineamenti di Tom, così uguali ai suoi. Ma dove sei, Tom?
Controllo.
Anche Tom è chiuso in camera sua, in boxer. E’ sporto dalla finestra, intento a fumare con l’aria frizzante della sera che gli accarezza i dread e le luci che gli illuminano il viso. Aveva smesso di fumare da tempo, ma ultimamente non riusciva più a farne a meno.
Fuori controllo.
Era stressato da quella situazione. L’idea di essere innamorato di suo fratello cominciava a fargli davvero schifo. Proprio lui, Tom Kaulitz, il dio del sesso, il SexGott. Lui che ogni sera aveva una ragazza diversa a letto e che aveva provato ogni genere di emozione. Tom Kaulitz, colui che non sa amare. Lui che aveva cominciato a stare alla larga da Bill per non saltargli addosso.
Fuori controllo.
Tom, che una sera si era presentato nella stanza di suo fratello, l’aveva gettato sul letto e per poco non lo aveva stuprato. Solo le lacrime di Bill erano riuscite a fermarlo. Si era ritratto da lui, sentendosi un idiota, odiandosi con tutta l’anima. Era corso via, lasciando Bill distrutto e solo. E da quel momento le cose erano un po’ cambiate. Fra loro non c’era stato più lo stesso dialogo di prima, anche se le loro menti continuavano ad incontrarsi e a dirsi sempre tutto una dell’altra.
Si sente bussare alla porta. Tom getta il mozzicone fuori dalla finestra – Chi è?
-Sono Bill…
Va ad aprire con il solito tormento in fondo allo stomaco. Vede il gemello sulla soglia della porta, in pigiama.
-Bill, non voglio vederti adesso.
-Lo so. Mi fai entrare?
Tom fa spallucce scostandosi e lasciando entrare Bill – Io ti ho avvertito. – chiude la porta – Lo sai come sono fatto. Lo sai che non riesco a controllarmi.
-Tom, cerca di stare tranquillo.
Si siede sul letto del fratello e gli fa segno di sedersi accanto a lui. Tom fa una smorfia.
-Dai, Tom!
-Cazzo…
Si ritrovano così seduti uno vicino all’altro. Lo guarda interrogativo – Hai fumato?
-Perchè? Cioè, si, ho fumato.
-Non avevi smesso?
-In teoria si. – deglutisce – Mi spieghi perché sei venuto in camera mia?
-Non riuscivo a dormire.
Dio, perché mi guardi così?, pensa Tom sconsolato. – E invece faresti bene ad andare a stenderti nel tuo letto. Domani ci aspettano altre tre interviste e devi riposarti.
-Certo, poi vado. – lo rassicura Bill – Ho soltanto voglia di stare un po’ con te.
A quelle parole qualcosa nel cervello di Tom si spezza. Si china verso le labbra del gemello e le bacia, prima delicatamente, poi con sempre più foga, come se quello fosse il loro ultimo bacio. Ne assapora ogni piccola sfumatura. Ogni respiro diventa infinito. E Bill è come se capisse tutto ciò che Tom non è riuscito a dirgli. E questo lo spaventa. Si stacca dal fratello, che si era già proteso per continuare il bacio, rimanendo con le labbra a mezz’aria e lo stupore stampato in faccia.
-Cosa sono quegli occhi spaventati, Bill?
-Mi hai fatto paura…
-Ti ho fatto paura?
-Si. Quel bacio faceva paura.
-Ma di cosa stai parlando?
-Era diverso dagli altri. Era come se…come se… - stringe gli occhi, deglutisce e prende un respiro profondo – Sembrava un addio, Tom. – Sente le lacrime inondare la sua anima e reclamare duramente la salita, ma il controllo prevale e le distrugge prima ancora che possano affiorare ai suoi occhi.
Tom rimane silenzioso. Non sa cosa dire. Sente che ciò che ha detto Bill è vero, ma prima non ci aveva pensato in modo approfondito. Si era limitato a dirsi di lasciar stare Bill, di trovarsi una ragazza con cui passare seriamente qualche anno della sua vita. Ma poi aveva continuato a desiderare unicamente suo fratello.
-Tom…
-Forse hai ragione. Era un addio. – sospira – Vattene nella tua camera, Bill.
Il ragazzo si alza, bacia Tom sulla fronte e se ne va silenziosamente come era arrivato.
**
Cammina per il corridoio traballando. A che gli serve ora il controllo? Lacrime di merda. Che escano. Che importa? Il viso gli si riga di sale, dolore, paura. Si sdraia ma il sonno non vuole impossessarsi di lui. Si sente soffocare. Ed eccolo in bagno, di nuovo, un’altra volta, chinato sul lavandino a vomitare. Ma non sono bulimico. Sto solo male.
Tom si accende un’altra sigaretta. Lasciar andare Bill era diventato un obbligo. Non poteva soggiogarlo oltre. Non poteva più usarlo come valvola di sfogo. L’amore che provava nei suoi confronti glielo impediva. Sapeva di aver fatto la cosa giusta, però si sentiva morire dentro. Ho bisogno di una vodka.
La mattina dopo era ancora reduce dei fumi dell’alcool. Si era messo a letto, ancora vestito, verso le sei e si era addormentato di botto. Dopo due ore aveva sentito la necessità di correre in bagno e liberarsi di quell’ennesimo peso allo stomaco. E il sonno non era più tornato.
Si ritrova a vagare per l’hotel, in preda ad un momento di smarrimento. All’improvviso si imbatte in una cameriera sulla ventina, abbastanza attraente, per quanto la sua vista annebbiata possa permettergli di distinguere una ragazza attraente da un rospo.
-Scusa, hai qualcosa da fare proprio ora? – le biascica.
-Eh, sai, ho tipo duecento camere da pulire…
-Non preferiresti farti una scopatina con me? – le si avvicina, appoggiandole una mano sul braccio – Eh?
-Oddio che bambino. Sei ubriaco, vai a dormire un po’.
-Mi hai chiamato bambino…?
La afferra rapido per i fianchi e comincia a baciarla convulsamente, senza lasciarla respirare, senza respirare lui stesso. La trascina nella sua camera senza staccare la bocca dalla sua. E’ completamente ubriaco, non riesce a ragionare. Però ha bisogno di quella ragazza. Adesso.
Lei pare assecondarlo. A parte il sapore di alcool, il resto non è male. Non è per niente male!
Forse per sfida. O per orgoglio. O per distruggere il dolore. I loro corpi si uniscono, quasi Tom non se ne accorgesse.
Guardami adesso, Bill. Cosa diresti?
Poi si allontana dalla ragazza, distrutto psicologicamente. Si sdraia accanto a lei, socchiudendo gli occhi.
-Come ti chiami?
-Ina. Tu sei il chitarrista di quel gruppo là…come si chiama…? – annaspa lei.
-Tokio Hotel…
-Si, quelli. Dio, non mi siete mai piaciuti.
-Ah no?
-No, soprattutto il frontman. Santo dio, quel ragazzo è una donna.
-Quel ragazzo è mio fratello…
-Ah, scusa. Senza offesa ma- lo guarda alzarsi – Dove vai? Scappi?
Tom si veste più rapido che può, sotto gli occhi stupefatti di Ina.
-Oh, mi hai sentito? Cosa fai, scappi?
-Vaffanculo! – ed esce dalla camera sbattendo la porta con tutta la forza che ha in corpo. – PORTA DI MERDA! DOVEVI SFONDARTI!
Bill, dalla camera accanto, lo sente urlare. Raggiunge il corridoio e vede suo fratello stancamente appoggiato alla parete che si massaggia la fronte. Tom alza lo sguardo.
-Che ci fai qui, Bill?
-Ti ho sentito urlare. Mi sono preoccupato.
-E’ tutto a posto, grazie…
Esce di scatto Ina dalla camera, con indosso solo una camicetta da sera blu scuro. – Tom, torna dentro che ne riparliamo.
Gli occhi di Bill si piantano su quella ragazza. Non può fare a meno di spalancare la bocca per lo schifo e lo stupore. Si volta verso Tom. Lui contraccambia lo sguardo. Entrambi non sanno cosa dire.
-Allora, Tom? – insiste la ragazza.
-A-adesso non posso…devo-devo fare una cosa… - balbetta lui prendendo Bill per un braccio e trascinandolo via con sé.
A un tratto sente Bill opporre resistenza e fermarsi in mezzo al corridoio.
-Vieni o no? Devo parlarti…
Bill comincia a tirare Tom dalla parte opposta, lasciandolo di stucco. Passano di nuovo davanti a Ina, che era ancora sulla soglia. Bill gli fa una linguaccia ammiccando a Tom, e lei, stizzita, si chiude in camera.
-Dove cazzo stiamo andando?
-Hai detto che mi devi parlare, no? Andiamo in camera mia a parlare.
Tom si ammutolisce, lasciandosi tirare dal gemello.
Arrivati davanti alla camera, Bill spalanca la porta di tutta fretta senza lasciare il fratello, ancora inebetito e un po’ rincoglionito dall’alcool.
Lo spinge sul suo letto, ridacchiando.
-Si può sapere perché sei così allegro? – gli chiede Tom da sdraiato – Pensavo ci fossi rimasto male…
-Dimmi quello che devi dire. – lo incita lui, da in piedi.
-Volevo dirti che con Ina non era niente di serio…che…-
-Ma che me ne frega? – ridacchia.
-Non te ne frega?
-No! Tom, sono tuo fratello. Sono contento se ti diverti.
-Ma quando l’hai vista hai fatto una faccia schifata che faceva paura.
-Per forza, faceva schifo. – ridacchia di nuovo.
Quanto cazzo è falsa sta risata, Bill? – Per cui non ti da fastidio?
-No! – sorride.
-Bene.
Tom rimane sdraiato, imprecando silenziosamente contro suo fratello. Pensava che si sarebbe ingelosito un minimo. E invece niente. Stava lì, in piedi, in mezzo alla stanza, con quella risata falsa e stupida.
-Bill..?
-Dimmi. – sorride.
Vaffanculo, comincia a darmi ai nervi sto sorriso – Pensavo ti saresti-
-Ingelosito? – lo precede lui.
-Già…
-Tom, ti ricordi quel bacio?
-Eh, me ne ricordo tanti.
-Dai, stupido. L’ultimo…
-Ah. Si, me lo ricordo.
-Il bacio di addio.
-Si. Ho capito, Bill. Vai al punto. Cristo, come tieni sospese le cose!
-Tu mi hai confermato che era un addio. Bene, da quel momento siamo tornati gemelli.
-Siamo sempre stati gemelli…
-Si, ma ora siamo gemelli e basta.
-Nel senso che-
-Nel senso che io non sarò mai più geloso di te, non ti bacerò mai più eccetera.
Tom lo guarda con orrore.
-Credevi che non l’avrei fatto? Credevi che mi sarei di nuovo abbandonato a te? – sorride.
-Lo speravo. – si mette a sedere. Bill si accosta a lui. Un tremito gli percorre la schiena. – Quindi se io vorrò baciarti, tu me lo impedirai?
-Esatto.
-Non credo ci riuscirai. – lo provoca.
-Vuoi provare?
-Tanto perdi tu. – comincia ad accarezzargli i capelli.
Bill è del tutto indifferente. Allora Tom gli sfiora con la mano prima gli occhi, poi il naso, le labbra, il collo. Pianta i suoi occhi in quelli di Bill, cercando di fare il suo sguardo più serio e tentatore. Bill sorride ingenuamente.
-Cazzo, Bill.
-Hai perso! – ridacchia.
-No, macchè! Aspetta!
Lo spinge facendolo sdraiare, poi si sfila la maglietta e si sdraia sopra al gemello, tenendosi sollevato con le braccia. Guarda Bill dall’alto.
Madonna, Tom…
-Adesso, Bill?
-Niente.
Si abbassa un po’ e appoggia le sue labbra su quelle di Bill, che fa uno scatto strano e poi rimane fermo immobile.
Comincia allora a dargli tanti piccoli bacini a stampo sugli occhi, sul collo, sulle labbra.
Oddio oddio oddio oddio oddio scoppio scoppio oddio…
Gli alza la maglietta e comincia ad appoggiare le labbra sulla sua pelle morbidissima, come quella di un bambino, ma allo stesso tempo la più profumata che abbia mai sentito.
Il cuore di Bill batte a tremila e una piccola gocciolina di sudore scende dalla sua fronte, bagnandogli il viso accaldato.
Tom vede la stella di Bill sul bacino. La bacia velocemente e si alza, lasciando libero il gemello.
-Hai vinto, Bill.
**
Edited by AlbaKaulitz__[!!!] - 21/8/2007, 17:15
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